Fede e politica: un'utopia o un impegno possibile?

La misura alta della politica: un servizio all’uomo. Relazione tenuta dal Vicario Generale della Fraternità Francescana di Betania (FFB), Fra Stefano Vita, durante l'incontro che si è svolto domenica 5 maggio nella casa della Fraternità di Roma.

L’ANELITO ALLA FELICITÀ E LA POLITICA Nel cuore dell’uomo Dio ha scolpito un desiderio ineludibile e insopprimibile di felicità. Per tale ragione l’uomo è cercatore della felicità. Una ricerca appassionata e mai totalmente soddisfatta. Questa è l’inquietudine che accumuna ogni persona dalla sua nascita sino alla sua morte. Come raggiungere questa felicità allora. Ci risponde Gesù nel Vangelo di Giovanni: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15, 11-12). La felicità, la gioia piena, si può raggiungere nell’amore e con l’amore che ci ha testimoniato e insegnato Gesù. La felicità si raggiunge collaborando alla costruzione di una civiltà dell’amore. Alla luce di queste considerazioni, ci poniamo una domanda fondamentale per la nostra riflessione sul significato della politica. Quale legame sussiste tra l’attesa di qualcosa o di Qualcuno a cui affidare il desiderio di felicità e l’attività politica?

Per rispondere a questo quesito ci facciamo aiutare dal pensiero di grandi uomini che hanno segnato la storia della Chiesa e del nostro Paese: “La politica è una delle forme più alte della carità, cioè dell’amore verso il prossimo” (Paolo VI).

“La politica…un’elevata forma di carità” (Benedetto XVI) “La politica, in quanto forma più compiuta di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l’uomo” (Mons. L. Giussani) “La politica è l’attività religiosa più alta dopo quella dell’unione intima con Dio: perché la politica è la guida dei popoli; è una responsabilità immensa; è un severissimo e durissimo servizio che una persona si assume” (G. La Pira)

“La politica che intendo come costruzione della città dell’uomo resta la più alta attività umana: come quella che dovrebbe creare, realizzare quel bene comune, quale condizione per il massimo sviluppo possibile di ogni persona; questa è la politica in se stessa.” (G. Lazzati). Da questi pensieri possiamo affermare che tra la politica, intesa nel suo vero significato di servizio all’uomo, in quanto chiamata a realizzare quel bene comune quale condizione necessaria perché ogni uomo sia pienamente persona, e il desiderio di felicità dell’uomo, vi è una connessione essenziale. La felicità dell’uomo infatti consiste nella piena realizzazione dello sviluppo della propria personalità vivendo in modo virtuoso(1).

Ecco allora che acquistano una luce particolare le parole di Giovanni Paolo II, pronunciate nell’Angelus del 13 febbraio 1994: “Una domanda interpella profondamente la nostra responsabilità: quale civiltà si imporrà nel futuro del pianeta? Dipende infatti da noi se sarà la civiltà dell'amore, come amava chiamarla Paolo VI, oppure la civiltà - che più giustamente si dovrebbe chiamare "inciviltà" - dell'individualismo, dell'utilitarismo, degli interessi contrapposti, dei nazionalismi esasperati, degli egoismi eretti a sistema”. E conclude: “La Chiesa sente il bisogno di invitare quanti hanno veramente a cuore le sorti dell’uomo e della civiltà a mettere insieme le proprie risorse e il proprio impegno, per la costruzione della Civiltà dell’Amore”. La politica costituisce una via necessaria per la costruzione della “Civiltà dell’Amore”. Siamo consapevoli che anche per noi cattolici è importante, anzi oserei dire decisivo e urgente, parlare della politica nel suo vero significato, soprattutto in questo contesto storico di forte disaffezione e sfiducia verso la stessa politica, al fine di far emergere cosa significa pensare e agire politicamente. TRE GRANDI VIE PERCHÉ LA POLITICA SI RIAPPROPRI DELLA SUA IDENTITÀ (2)

1° VIA: il recupero del senso etico La prima via da percorrere è quella di recuperare il senso etico nel pensare e nell’agire politico. Un senso etico che è stato fortemente minato da un lato da un irrazionale laicismo che confonde l’etica con la religione e dall’altro dalla c.d. dittatura del relativismo etico che nega la capacità dell’uomo di conoscere la verità, che non riconosce nulla come definitivo e che lascia pertanto come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Questa cultura conduce alla teorizzazione e difesa del pluralismo etico che a sua volta sancisce la decadenza e la dissoluzione della ragione e dei principi della legge morale naturale(3). A partire da questi presupposti culturali si è predicata la separatezza tra etica e politica, la distinzione e separazione tra etica privata ed etica pubblica, quasi che questa non sia ineluttabilmente e inesorabilmente il riflesso pubblico della prima, e si è così caduti nell’illusione del c.d. miracolo delle istituzioni. Si tratta di un’illusione perché non ci sono norme giuridiche, strutture che tengano, e neppure codici deontologici particolarmente raffinati e rigorosi che possano salvare la politica, se non sono fondati su un sentire etico radicato e alto. Il pensatore personalista Edouard Mounier, già nel 1935 scriveva così: “Dopo aver atteso i miracoli dell’uomo nuovo da una libertà istintiva e anarchica, ora che li aspettiamo da un congegno politico-sociale ritenuto quasi un immenso distributore automatico di giustizia e d’ordine. Ma si aspetta sempre. Non credo al miracolo delle istituzioni e cioè all’idea che le istituzioni fanno l’uomo nuovo. […] Non ci stancheremo di dire, per evitare riflussi d’illusione, che non crediamo dal canto nostro, al miracolo delle istituzioni. […] Non sono le istituzioni che fanno l’uomo nuovo, bensì un lavoro personale e insostituibile dell’uomo su se stesso. Le istituzioni possono facilitargli il compimento, ma non sostituirsi al suo sforzo”(4). Quanto sono attuali queste affermazioni. Oggi si parla continuamente di riforma dei partiti, di riforma della legge elettorale, di riforme costituzionali, ma si parla con altrettanta insistenza di un lavoro personale su se stesso che deve compiere il politico per vivere eticamente il pensare e l’agire politico? In merito a ciò Benedetto XVI ha affermato: “Va bene l'impegno dei cattolici in politica, ma il presupposto fondamentale dev'essere la solidità della loro fede. A volte ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale, nella politica o nell'economia risultasse più incisiva, e forse non ci si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede, quasi fosse un dato acquisito una volta per tutte”(5) conclude il Santo Padre.

Illuminanti in merito sono ancora le parole di Benedetto XVI tratte dall’Enciclica “Caritas in Veritate” al n. 79: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato. Perciò anche nei momenti più difficili e complessi, oltre a reagire con consapevolezza, dobbiamo soprattutto riferirci al suo amore. Lo sviluppo implica attenzione alla vita spirituale, seria considerazione delle esperienze di fiducia in Dio, di fraternità spirituale in Cristo, di affidamento alla Provvidenza e alla Misericordia divine, di amore e di perdono, di rinuncia a se stessi, di accoglienza del prossimo, di giustizia e di pace. Tutto ciò è indispensabile per trasformare i « cuori di pietra » in « cuori di carne » (Ez 36,26), così da rendere « divina » e perciò più degna dell'uomo la vita sulla terra.” 2° VIA: il superamento di una politica come campo di battaglia Asserito che la politica per sua natura non può che avere come preoccupazione fondamentale l’uomo, in quanto deve creare quel bene comune quale condizione per il massimo sviluppo possibile di ogni persona, la seconda via da intraprendere è il superamento di una concezione della politica caratterizzata dalla contrapposizione tra amico e nemico, quasi che le democrazie siano campi di battaglia in cui la vittoria è lasciata alla forza materiale e non alla forza della ragione. Uno degli spettacoli meno gradevoli che ci offre la politica e a cui abbiamo assistito sino a poco tempo fa in modo veramente disonorevole, è la cascata di dichiarazioni dei politici presentateci dai vari mass-media. In queste affermazioni si coglie che non sono quasi mai dichiarazioni ‘politiche’, cioè motivate dalla ricerca del bene comune, ma dichiarazioni ‘partitiche’ e cioè orientate a far prevalere la propria parte contro la parte avversaria. Da qui poi sfocia l’ulteriore squallido spettacolo delle criminalizzazioni e ridicolizzazioni dell’avversario politico.

La via da percorrere è allora quella indicata dallo storico latino Sallustio, quando afferma: “Con la concordia le piccole cose crescono, nella discordia anche le più grandi vanno in rovina” e cioè in altre parole lasciare da parte lo squallido spettacolo del litigio “partitico-ideologico” una volta per tutte per tornare al confronto – anche forte, anche polemico, ma serio e costruttivo – delle idee, delle proposte, dei progetti concreti. Questa è la via che la Chiesa Cattolica ha sempre indicato. Nella sfera temporale il cristianesimo ha sempre rimandato alla natura e alla ragione, quali vere fonti del diritto e cioè ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l'essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio (6). 3° VIA: recuperare il senso del servizio nell’impegno politico

La terza via da seguire, che si apre dopo aver percorso le due precedenti, quale naturale conseguenza, è quella di recuperare il senso dell’impegno politico come servizio. Ecco la misura alta della politica. I cattivi esempi che sono sotto gli occhi di tutti e che finiscono per oscurare quelli buoni (che pure non mancano), hanno reso la politica una palude vischiosa degli interessi personali o di gruppo, causando un allontanamento progressivo delle istituzioni politiche dal contatto con i cittadini e l’intera società. E’ necessario reimmettere nel mondo politico il senso che l’impegno politico (cioè del costruttore della polis–città) è un servizio per dare dignità ad ogni membro della città, partendo dai più deboli e i più poveri: infatti quando sono tutelati i più deboli e i più poveri, la politica è sana perché libera da interessi di parte e dalla logica del potere di più per avere di più e dall’avere di più per potere di più (7), con la consapevolezza che la città, non è cosa propria, della propria famiglia o del proprio gruppo. Pino Arpioni, collaboratore di Giorgio La Pira, ha affermato: “un fatto è innegabile riguardo a Giorgio La Pira: egli è entrato in politica con due soldi in tasca (quelli guadagnati con l’insegnamento universitario) e, quando è uscito dalla politica ne aveva uno solo!”(8). Ecco la politica che si fa servizio. Ecco la misura alta della politica. LA NECESSITÀ DI UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DELLA POLITICA(1) Quanto abbiamo affermato sino ad ora fa emergere la necessità di una nuova evangelizzazione della politica. A noi cattolici spetta questo impegno, che è una missione. E’ un rispondere all’imperativo di San Paolo: “Guai a me se non annuncio il Vangelo” (1 Cor 9, 16). Annunciare il Vangelo significa anche impegnarsi affinché si crei il bene comune quale condizione per il massimo sviluppo possibile di ogni persona. Giovanni Paolo II così scrisse in merito: “i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune”(2). Papa Benedetto XVI, invocando nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, afferma: “Ribadisco la necessità e l’urgenza della formazione evangelica e dell’accompagnamento pastorale di una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica”(3). Non possiamo permettere allora che la laicità cristiana sia messa a tacere, che venga relegata nella sfera privata come certi areopaghi culturali e politici vorrebbero. Abbiamo invece il dovere di pensare a una nuova evangelizzazione con la forza del Vangelo degli stili di vita e delle istituzioni che sovrintendono al destino degli uomini e dei popoli. L’attuale scenario della storia, lo sappiamo bene, è di profonda crisi economica e politica, una crisi planetaria che prima di tutto è crisi di significato e di valori. Dobbiamo pertanto avere fiducia nella forza del Vangelo e nella capacità dell’uomo formato dal Vangelo di poter costruire il bene comune attraverso l’impegno politico. Il grande sacerdote e statista, Luigi Sturzo affermava che “il nostro è un mondo che deve essere creato a nuovo con fiducia nel pensiero cristiano”(4). Parole profondamente attuali.

LE QUALITÀ DEL CATTOLICO IMPEGNATO IN POLITICA(5) A questo punto del mio intervento credo che risuonino ancora più chiare e comprensibili le parole di Benedetto XVI sulle qualità che deve avere un politico. Nel suo giudizio sono "cinque" le virtù e le attitudini che costituiscono “i tratti somatici” per un vero profilo di coloro che vogliono impegnarsi alla realizzazione del bene comune mediante l’impegno politico (6) e che sono una sintesi di ciò che abbiamo sino ad ora espresso:

1) «coerenti con la fede professata», non servi dell’opinione pubblica prevalente per motivi elettorali; 2) «rigore morale», perché non si può più minimizzare la gravità della «questione morale», anche tra i cattolici; 3) «capacità di giudizio culturale», cioè di discernimento, frutto di studio, di meditazione, di capacità di distinguere un bene individuale dal bene comune;

4) «competenza professionale», perché la politica è un’arte, una vocazione e non ci si improvvisa; in merito mi permetto di citare il pensiero di Giuseppe Lazzati che rende ancora più chiara la parola del Papa relativa alle due ultime attitudini. Così scrive il Prof Lazzati: “(La politica) Non è solo la più alta attività umana, ma è anche la più difficile, perché in essa convergono campi diversi che riguardano la persona umana in tutti i suoi aspetti, per cui ogni problema va risolto secondo la tecnica propria di quel problema […] Saper pensare politicamente è una cosa difficile, perché il giudizio politico è un giudizio sintetico, deve tener conto di vari fattori e deve valutarli insieme; deve tener conto della situazione storica in cui il giudizio viene pronunciato e deve sapere che le proposte politiche valide sono quelle che hanno validità storica;

5) «passione di servizio», non per l’onore e il prestigio personale o per la gratificazione del proprio gruppo. CONCLUSIONE: GIORGIO LA PIRA, MAESTRO E TESTIMONE DEL VERO PENSARE E AGIRE POLITICO Una figura politica nella quale possiamo ritrovare le attitudini richieste dal Santo Padre è Giorgio La Pira. Un memorabile discorso che egli pronunciò al Consiglio Comunale di Firenze il 24 settembre 1954 in qualità di Sindaco lo manifesta chiaramente. Egli era tanto amareggiato per le critiche ricevute a motivo della sua presa di posizione a favore dei licenziati e degli sfrattati e affrontò decisamente l’argomento, dicendo:

“Signori Consiglieri, si allude forse ai miei interventi per i licenziamenti e per gli sfratti e per altre situazioni nelle quali si richiedeva a favore degli umili, e non solo di essi, l’intervento immediato, agile, operoso del capo della città? Ebbene, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco, non si interessi delle creature senza lavoro, senza casa, senza assistenza (vecchi, malati, bambini). É il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città - e quindi capo della unica e solidale famiglia cittadina -, dalla mia coscienza di cristiano: c’è qui in gioco la sostanza stessa della Grazia e dell’Evangelo! Quindi, signori Consiglieri, è bene parlare chiaro su questo punto! Ripeto, voi avete un diritto nei miei confronti: negarmi la fiducia: dirmi con fraterna chiarezza: signor La Pira, lei è troppo fantasioso e non fa per noi! Ed io ringrazierò: perché se c’è una cosa cui aspiro dal fondo dell’anima è il mio ritorno al silenzio e alla pace della cella di San Marco, mia sola ricchezza e mia sola speranza! Ed è forse bene, amici, che voi vi decidiate così! Io non sono fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola: non amo le furbizie dei politici e i loro calcoli elettorali; amo la verità che è come la luce; la giustizia, che é un aspetto essenziale dell’amore; mi piace di dire a tutti le cose come stanno: bene al bene e male al male. Un uomo così fatto, non deve restare più oltre nella vita politica che esige - o almeno si crede che esiga - altre dimensioni tattiche e furbe! Ma se volete che resti ancora sino al termine del viaggio, allora voi non potete che accettarmi come sono: senza calcolo; col solo calcolo di cui parlava l’Evangelo: fare il bene perché è bene! Alle conseguenze del bene fatto ci penserà Iddio!”. Oggi, nel mondo politico, non capita spesso di sentire questi discorsi. Giorgio La Pira era un uomo limpido: non conosceva i doppi giochi, i doppi sensi, le doppie alleanze, le dietrologie insidiose. Giorgio La Pira era un uomo libero: aveva scelto di amare e di servire e, pertanto, non temeva di perdere il potere. Egli aveva una sola paura: quella di non poter servire il prossimo e cioè di non poter vivere la politica quale è veramente: “elevata forma di carità”.

Atto di affidamento dei politici alla Vergine Maria Madre Santa, le mura della tua casa sono state testimoni del più decisivo e straordinario evento della storia: Dio si è fatto uomo, uno di noi.

Questo evento ha reso la tua casa la casa di tutti, la casa di ogni uomo, una casa comune: spazio nel quale ogni persona può sentire il calore dell’accoglienza attenta.

Le pareti della tua casa sono allora come un abbraccio, con il quale Dio accoglie ogni uomo e si prende cura di ogni particolare della sua vita. Illuminati da così grande e meraviglioso mistero,

dalla tua casa o Madre nostra ti affidiamo tutti i politici, affinché il loro impegno sia come un abbraccio con il quale si prendono cura di ogni uomo, di ogni aspetto della sua vita,

in particolare dei più deboli e poveri. Te li affidiamo, o Vergine Santa, perché sappiano camminare sulle strade dell’attività politica con il coraggio e la forza della verità.

Madre Santa portali nel cuore di Gesù, tuo Figlio, perché li benedica, li protegga, li guidi e li renda traccia concreta dell’Amore di Dio per ogni uomo sulle strade della storia.

Grazie Maria. (Fra Stefano Vita, FFB)

NOTE 1 Cfr. Salvatore Martinez, Da cristiani per ridare valori alla politica in “Avvenire”,20 ottobre 2011 2 Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Christifideles laici, n. 42.

3 Benedetto XVI, Allocuzione alla Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, 15 novembre 2008. 4 Luigi Sturzo, The preservation of the faith, Londra, giugno, 1938.

5 Una sottolineatura terminologica importante: non "politici cattolici", dove cattolico diventa un aggettivo, un distintivo, una possibilità tra altre, senza rimando alla vita di una comunità e all'obbedienza al Magistero. Ma "cattolici impegnati nella politica": prima di tutti si è di Cristo, impegnati in un cammino di conversione e di discepolato, uniti ai fratelli nella fede. Solo così si può legittimamente essere testimoni di Cristo nella storia, nella società, in qualsivoglia contesto, compreso quello della politica. Solo così si esprimerà una speciale vocazione di servizio per il progresso dell'uomo, maturata proprio all'interno della comunità cristiana nella preghiera, nella condivisione fraterna, nel confronto con la Parola di Dio, nello studio del Magistero della Chiesa. 6 Benedetto XVI, Allocuzione alla Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, cit..

NOTE

1 Cfr A. Vendemiati, In prima persona. Lineamenti di Etica generale, UUP, Città del Vaticano, 2008, 39. 2 In merito si veda anche Giuseppe Dalla Torre, Tre grandi urgenze per ripensare la politica, in “Avvenire”, 21 Ottobre 2011. 3 Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, nn. 2-5.

4 Edouard Mounier, Rivoluzione personalista e comunitaria, in La Politica per chi e per cosa. Più società meno Stato. Antologia per una dottrina sociale, Supplemento a “Il Sabato” n. 22 del 30 maggio 1987. 5 Benedetto XVI, Allocuzione alla Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, Vaticano, 25 novembre 2011.

6 Cfr. Benedetto XVI, Discorso al Reichstag di Berlino, 22 settembre 2011. 7 Cfr Angelo Comastri, La Sposa bella. Vi racconto la Chiesa, Edizioni San Paolo, 2007, 131. 8 Ibidem 132-133.

Fra Stefano Vita

da: Zenit.org del 8/5/2013