Sos Italia, più inquinata e più malata

Se, in pochi anni, nell’area che gli epidemiologi chiamano 'Brescia-Caffaro', l’incremen­to dei tumori della tiroide è pari al 70% negli uomini e al 56% nelle donne, e se, in quella dei laghi di Mantova, il segno 'più' tocca, rispettivamente, il 74% e il 55%, significa che Taranto o i Comuni compresi nell’area campana della Terra dei fuochi, non sono gli u­nici territori in cui correre ai ripari, programmare (o incentivare) scree­ning sanitari, biomonitoraggi, analisi dei contaminanti, bloccando gli scempi ambientali e mettendo mano alle bonifiche. Perché gli agenti inquinanti, per an­ni, in decine di località, più o meno vicine a centri abitati, hanno permeato suoli e falde acquifere, catene alimentari e atmosfera. Ambienti a noi vitali. Con la conseguenza che la na­tura e il nostro organismo, prima o poi, esigeranno i rispettivi debiti. Più prima che poi in quei territori, in que­gli insediamenti industriali, esposti a elevato rischio da inquinamento e che il Rapporto Sentieri, progetto finan­ziato dal ministero della Salute e coor­dinato dall’Istituto superiore della sa­nità, monitora da alcuni anni. Sono 44 i Sin (siti di interesse nazionale per le bonifiche) che destano maggiore preoccupazione in rapporto agli ef­fetti sulla salute dell’uomo. 18 quelli a­nalizzati nel nuovo Rapporto, il terzo, appena pubblicato e particolarmen­te interessante perché, a differenza degli altri due - che prendevano in considerazione i soli dati della mor­talità - , contempla altri due parame­tri: i ricoveri ospedalieri e l’incidenza dei tumori. La restrizione dell’analisi a 18 Sin, che spesso prendono i nomi dai grandi stabilimenti industriali che hanno operato nei siti (tra questi 'Bre­scia- Caffaro' e 'Laghi di Mantova e polo chimico') è dovuta alla scelta di inserire l’incidenza oncologica e alla disponibilità della copertura della re­te Airtum dei Registri tumori (indi­spensabile per valutare la nuova e più complessa analisi ma non disponibi­le ovunque).

Edito come supplemento al numero 2 del 2014 di Epidemiologia & preven­zione, il volume Sentieri già più volte citato, nelle precedenti edizioni, in let­teratura scientifica internazionale, e il cui approccio è fra quelli ritenuti va­lidi anche dall’Organizzazione mon­diale della sanità (Oms), è scaricabile dal sito www.epiprev.it, e contiene: un aggiornamento dei dati di mortalità al 2010 (nel volume precedente veni­va preso in considerazione il periodo 1995-2002); l’analisi dell’incidenza oncologica per il periodo 1996-2005 in 17 Sin (manca quella di Trieste); u­na prima analisi dei dati di ospedaliz­zazione del periodo 2005-2010. Que­ste ultime due risultano fondamen­tali quando si ha a che fare con pato­logie ad alta sopravvivenza. Come spiegano infatti gli estensori della ri­cerca, lo studio della sola mortalità porterebbe a sottovalutarne l’impat­to effettivo. Ma torniamo ai dati. Per via del boom dei tumori della tiroide, i ricoveri o­spedalieri a Brescia sono aumentati del 75%, a Mantova quasi del 90%. Ma questa patologia cresce anche a Mi­lazzo: +24% per gli uomini, +40% per le donne; Sassuolo-Scandiano: +46%, +30%; Taranto: +58%, +20%. Così co­me in forte ascesa risultano i ricoveri ospedalieri (Milazzo: +55%, +24%; Sassuolo-Scandiano: +45%, +7%; Ta­ranto: +45%, +32%). Per i tumori del­la mammella, spiegano ancora i ri­cercatori, tra le donne si registra un eccesso del 25% per quanto riguarda l’incidenza, del 15% per i ricoveri o­spedalieri, mentre per i linfomi non-Hodgkin l’aumento dell’incidenza è del 14% (uomini) e del 25% (donne), quello dei ricoveri è intorno al 20% per entrambi i sessi (uomini: +19%, don­ne:

+18%). Restano allarmanti, poi, le conse­guenze dell’esposizione ad amianto. «Eccessi per mesotelioma e tumore maligno della pleura – evidenzia il Rapporto – si registrano nei Sin sici­liani di Biancavilla (Ct) e Priolo (Sr), dove è documentata la presenza di a­sbesto e fibre asbestiformi, ma anche nei Sin con aree portuali (Trieste, Ta­ranto, Venezia) e con attività indu­striali a prevalente vocazione chimi­ca (Laguna di Grado e Marano, Prio­lo, Venezia) e siderurgica (Taranto, Ter­ni, Trieste)». Un dato, questo, che con­ferma la diffusione dell’amianto nei siti contaminati «anche al di là di quel­li riconosciuti tali in base alla presen­za di cave d’amianto e fabbriche di ce­mento-amianto». In generale, risulta maggiore l’inci­denza anche del tumore del fegato, «riconducibile a un diffuso rischio chi­mico nei Sin».

Vito Salinaro

da: Avvenire del 9/5/2014