FRANCESCO CHIAMA BENEDETTO ACCANTO A SE’. LE TEMPESTE SI AVVICINANO |
Nell’intervista a papa Bergoglio, pubblicata ieri da Ferruccio De Bortoli sul “Corriere della sera”, ci sono notizie sorprendenti su quello che sta accadendo nella Chiesa e sul bivio davanti al quale si trova questo pontificato. Che si annuncia drammatico.
I DUE PAPI
Anzitutto constatiamo che addirittura papa Francesco scende in campo sulla questione relativa a Benedetto XVI e al suo “papato emerito” e questo fatto, da solo, zittisce i tanti pierini clericali i quali sostenevano, nelle scorse settimane, che i nostri articoli ponevano una questione inesistente e perfino dannosa.
Dalle parole di Francesco scopriamo la durezza della battaglia che viene combattuta, su Benedetto XVI, oltretevere (“qualcuno avrebbe voluto che si ritirasse in una abbazia benedettina lontano dal Vaticano”).
E c’è poi una notizia: Benedetto e Francesco hanno deciso che il papa emerito non sia più “nascosto al mondo” come aveva annunciato inizialmente: “ne abbiamo parlato e abbiamo deciso insieme che sarebbe stato meglio che vedesse gente, uscisse e partecipasse alla vita della Chiesa”.
Notizia di grande portata. Coloro che hanno voluto per anni affondare il papato di Benedetto (cominciando dai cardinali spergiuri del 2005) e che hanno cantato vittoria quando Benedetto ha rinunciato, adesso si ritrovano Ratzinger che è rimasto “papa emerito” e che – per volontà di Francesco – addirittura esce dalla clausura e parteciperà alla vita della Chiesa, perché – dice Francesco – “la sua saggezza è un dono di Dio”.
Cosa questo significherà ancora non si sa, ma si può pensare che il desiderio di Bergoglio di avere accanto Ratzinger preannunci l’arrivo di tempi molto drammatici.
IL FUTURO CHIARIRA’
Francesco, forse per far digerire la pillola ai tanti nemici di papa Benedetto, ha cercato di motivare questa decisione ricorrendo a una consuetudine già introdotta dopo il Vaticano II, ovvero “l’istituzione” del vescovo emerito. Così da mettere fine alle obiezioni.
Ma lui stesso, verosimilmente, sa che un simile paragone non regge e che la questione, prima o poi, andrà davvero inquadrata e motivata nella sua novità.
Perché l’istituzione del vescovo emerito è dovuta alla regola sul limite di età per i vescovi, regola che non c’è per il papa. E soprattutto perché il papato non può essere ridotto a un qualsiasi episcopato, pena il venir meno del pilastro della Chiesa Cattolica Apostolica Romana (oltretutto la consacrazione episcopale è un sacramento mentre il papato è qualcosa di diverso e superiore, tanto che ha giurisdizione immediata e universale su tutti i vescovi della Terra).
Non a caso, un anno fa, il canonista Ghirlanda, sulla “Civiltà Cattolica”, riflettendo l’orientamento generale dei canonisti, prospettò, per Benedetto, il titolo di “vescovo emerito di Roma”, ma il papa bocciò l’idea ritenendo che il titolo che corrispondeva alla realtà fosse invece quello di “Papa emerito”.
Il fatto che lo stesso Benedetto XVI abbia definito la sua rinuncia come un atto “grave” mostra che non è affatto una decisione “normale”, men che meno riconducibile a una sua presunta volontà di “normalizzazione episcopale” del papato.
E il mistero riguarda anche la scelta – unica nella storia della Chiesa – di restare “papa emerito”.
L’invito al Concistoro pubblico fatto da Francesco sembra inaugurare il “ritorno” di Benedetto nella vita pubblica della Chiesa, ma non è affatto un “ritorno alla normalità”, come qualche “pompiere” dei giornali si è affrettato ad affermare, ma – al contrario – l’inizio di una situazione del tutto nuova, come papa Francesco fa ben capire.
Inoltre, nel caso specifico, quell’abbraccio pubblico in San Pietro è servito a calmare un po’ le acque giacché l’avvio del Sinodo sulla famiglia è stato incandescente a causa della relazione del cardinale Kasper che è stata apertamente contestata, per i suoi contenuti fuori dai binari cattolici, da diversi autorevoli porporati.
CERCHIOBOTTISMO?
Del resto il papa Francesco che ha chiesto a Kasper quella relazione sui divorziati risposati e che l’ha elogiata (si tratta forse di pedaggi del Conclave), è lo stesso papa Francesco che ha avallato (e probabilmente chiesto) i ripetuti interventi, in senso opposto, del cardinale Muller, prefetto dell’ex S. Uffizio.
Nell’intervista il papa spiega che sui temi del Sinodo non ha affatto timore del dibattito, ma anzi che “cerca” il confronto più vivace e libero. Però fa anche sapere che alla fine, “quando si tratta di decidere, di mettere una firma… (il Papa) è solo con il suo senso di responsabilità”.
Il Sinodo sarà il momento della verità. Ci sono molti, dentro e fuori della Chiesa, che si attendono da Francesco una rivoluzione e magari pure che autodemolisca la Chiesa (la potente pressione dei media e dei poteri di questo mondo va in questa direzione). Altri, all’interno della Chiesa (e senza potere nel mondo), temono fortemente che si verifichi questa tragedia e sperano che il papa non ceda, che difenda la fede cattolica nella sua integralità, in continuità con il magistero di sempre.
Da questa intervista si capisce cosa accadrà?
Alcuni ritengono che Francesco dia un colpo al cerchio e uno alla botte. Faccio alcuni esempi.
E’ evidente che il Papa non vuole lanciare crociate, come lui dice, né ricordare al mondo la legge naturale.
Tuttavia raccoglie l’appello lanciato da Giuliano Ferrara e altri intellettuali sul Foglio, che si mettevano a disposizione dopo l’attacco alla Chiesa venuto dal recente documento dell’Onu.
Qualcuno ha preteso di liquidare l’appello di Ferrara come se volesse insegnare al Papa, invece Francesco ha fatto sua la preoccupazione del Foglio. Sempre qualche superficiale ha liquidato l’appello come se riguardasse i “valori non negoziabili”, mentre concerne la dignità della Chiesa e la sua libertà.
Il Papa lo fa capire bene, dicendo che sulla difesa dell’infanzia “Benedetto XVI è stato molto coraggioso…nessuno ha fatto più della Chiesa. Eppure la Chiesa è la sola ad essere attaccata”.
Un altro problema. Nell’intervista è praticamente spazzata via la priorità dei “valori non negoziabili”, che ha caratterizzato gli ultimi due pontificati. Ma non perché Francesco neghi quei valori, semmai perché li identifica con la morale cattolica che oggi deve essere subordinata all’evangelizzazione.
Il primato dell’annuncio evangelico è sacrosanto e condiviso anche dai predecessori. Ma forse papa Bergoglio non ha approfondito la grande “questione antropologica” denunciata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI: essa mostra un’autentica emergenza che minaccia la stessa sopravvivenza dell’umanità. E questa è tutt’altra cosa rispetto alla priorità della fede sulla morale.
In ogni caso a questa posizione, che verrà usata dai progressisti, si accompagna una difesa a spada tratta dell’Humanae vitae di Paolo VI che è la “bestia nera” del progressismo.
Francesco dice che “la sua genialità fu profetica, ebbe il coraggio di schierarsi contro la maggioranza, di difendere la disciplina morale, di esercitare un freno culturale, di opporsi al neo-malthusianesimo presente e futuro”.
Una simile difesa dell’Humanae vitae è sorprendente e colloca Francesco nel solco dei predecessori. Importante anche l’accenno al “coraggio” di Paolo VI di “schierarsi contro la maggioranza”.
Potrebbe prefigurare la prova che attende Francesco.
FRANCESCOMANIA
Forse per questo egli oggi dice che la “francescomania” non durerà a lungo. Ed ha aggiunto una decisa sconfessione dei tanti suoi sedicenti “interpreti”, specie di chi lo mitizza per strattonarlo verso la rivoluzione della Chiesa: “non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di papa Francesco…Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione”.
Con ciò sembra già prefigurare quello che gli toccherà subire. Di recente monsignor Georg Gaenswein ha detto: “Papa Benedetto dovette affrontare difficili problemi, per papa Francesco le vere prove devono ancora venire”.
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Antonio Socci da: Libero del 6/3/2014 |