«"Non ammazzare". è
detto. (Esodo 21, 12-36; Levitico
24, 17-22; Numeri 35, 9-34; Deuteronomio 19,1-13)
A
quale dei due gruppi di comandi appartiene questo?
"Al secondo" dite voi? Sicuri?
Vi
chiedo ancora: è peccato che offende Dio o il colpito?
Voi
dite "Il colpito"?
Anche di questo ne siete sicuri?
E
ancora vi domando: non è che peccato di omicidio? Uccidendo non fate che questo
unico peccato? "Questo solo" dite? Nessuno ne ha dubbio?
Dite
a voce alta le vostre risposte. Uno parli per voi tutti. Io attendo».
E
Gesù si china ad accarezzare una bambinella che è venuta vicino a Lui e che lo
guarda estatica, dimenticando persino di rosicchiare la mela che la madre le ha
dato per tenerla quieta.
Si
alza un vecchio imponente e dice: «Ascolta, Maestro Io sono un vecchio sinagogo e mi
hanno detto di parlare per tutti. Parlo. Mi sembra, e ci sembra, di avere
risposto secondo giustizia e secondo quanto ci hanno insegnato. Appoggio la mia
sicurezza al capo della legge sull'omicidio e le percosse. Ma Tu lo sai perché
siamo venuti: per essere ammaestrati, riconoscendo in Te sapienza e verità. Se
dunque io sbaglio, illumina la mia tenebra acciò il vecchio servo vada al suo
Re vestito di luce. E, come con me, fallo a questi che sono del mio gregge e
che sono venuti col loro pastore a bere le fonti della Vita»,
e
si inchina, avanti di sedersi, col massimo rispetto.
«Chi sei, padre?».
«Cleofa, di Emmaus, tuo servo».
«Non mio, di Colui che mi ha mandato, perché
al Padre va data ogni precedenza ed ogni amore in Cielo, in Terra e nei cuori.
Ed il primo a dargli questo onore è il suo Verbo che prende ed offre, sulla
tavola senza difetto, i cuori dei buoni come fa il sacerdote coi pani della
proposizione.
Ma
ascolta, Cleofa, acciò tu vada a Dio tutto illuminato come è tuo santo
desiderio.
Nel
misurare una colpa occorre pensare alle circostanze che precedono, preparano,
giustificano, spiegano la stessa.
Chi ho colpito?
Che cosa ho colpito?
Dove ho colpito?
Con quali mezzi ho colpito?
Perché ho colpito?
Come ho colpito?
Quando ho colpito?"
Questo
si deve chiedere, prima di presentarsi a Dio per chiedergli perdono, quello che
uccise.
Chi ho colpito? Un uomo.
Io
dico: un uomo. Non penso e non considero se è ricco o se povero, se è libero o
se è schiavo. Per Me non esistono schiavi o potenti. Esistono solo degli uomini
creati da un Unico, perciò tutti uguali. Infatti davanti alla maestà di Dio è
polvere anche il più potente monarca della Terra. E ai suoi ed ai miei occhi
non esiste che una schiavitù: quella del peccato e perciò sotto Satana. La Legge
antica distingue i liberi dagli schiavi e sottilizza fra l'uccidere di un colpo
e l'uccidere lasciando sopravvivere un giorno o due, e così se la donna incinta
è condotta a morte per la percossa, o se ucciso è solo il suo frutto. Ma questo
fu detto quando la luce della perfezione era ancora lontana.
Ora
è fra voi e dice: "Chiunque colpisce a morte un suo simile
pecca". E non solo verso l'uomo pecca, ma anche contro Dio.
Cosa è l'uomo?
L'uomo
è la creatura sovrana che Dio ha creato per essere re nel creato, creato a sua
immagine e somiglianza, dandogli la somiglianza secondo lo spirito, e
l'immagine traendo questa perfetta immagine dal suo pensiero perfetto.
Guardate
nell'aria, sulla terra e nelle acque. Vedete forse un animale od una pianta
che, per belli che siano, uguaglino l'uomo? L'animale corre, mangia, beve,
dorme, genera, lavora, canta, vola, striscia, si arrampica. Ma non ha favella.
L'uomo anche sa correre e saltare, e nel salto è così agile che emula
l'uccello; sa nuotare, e nel nuoto è tanto veloce che pare il pesce; sa
strisciare e pare il rettile; sa arrampicarsi e pare la scimmia; sa cantare e
pare l'uccello. Sa generare e riprodursi. Ma inoltre sa parlare.
E
non dite: "Ogni
animale ha il suo linguaggio".
Sì. L'uno mugge, l'altro bela, l'altro raglia, l'altro cinguetta, l'altro
gorgheggia, ma dal primo bovino all'ultimo sempre avranno lo stesso ed unico
muggito, e così l'ovino belerà sino alla fine del mondo, e l'asino raglierà
come ragliò il primo, e il passero sempre dirà il suo corto cinguettio, mentre
l'allodola e l'usignolo diranno lo stesso inno al sole la prima, alla notte
stellata il secondo, anche se sarà l'ultimo giorno della Terra, così come
salutarono il primo sole e la prima notte di essa. L'uomo invece, perché non ha
solo un'ugola e una lingua, ma un complesso di nervi che si accentrano nel
cervello, sede dell'intelletto, sa afferrare le sensazioni nuove e pensare su
esse e dare ad esse un nome.
Adamo
chiamò cane il suo amico e leone quello che gli parve più somigliante nella
chioma folta, ritta sulla faccia appena barbuta. Chiamò pecora l'agnella che lo
salutava mite, e disse uccello quel fiore di penne che volava come la farfalla
ma diceva dolce un canto che la farfalla non ha. E poi, nei secoli, ecco che i
figli di Adamo crearono sempre nuovi nomi, man mano che "conobbero" le opere di Dio nelle creature o
che, per la scintilla divina che è nell'uomo, non generarono solo figli ma
crearono anche cose utili o nocive ai figli stessi, a seconda che erano con Dio
o contro Dio.
Sono
con Dio quelli che creano e operano cose buone. Sono contro Dio quelli che
creano cose malvagie di danno al prossimo. Dio fa le vendette dei figli suoi
torturati dal mal genio umano.
L'uomo è dunque la
creatura prediletta di Dio.
Anche se ora è colpevole, è sempre quello a Lui più caro.
E
testimonia di ciò l'avere mandato il suo Verbo stesso, non un angelo, non un
arcangelo, non un cherubino, non un serafino, il suo Verbo, rivestendolo della
umana carne, per salvare l'uomo. Non ha riputato essere indegna questa veste
per rendere possibile di soffrire ed espiare Colui che, per essere come Lui
purissimo Spirito, non avrebbe potuto soffrire ed espiare la colpa dell'uomo.
Il
Padre mi ha detto:
"Sarai uomo: l'Uomo.
Io ne avevo fatto uno.
Perfetto come tutto ciò che Io faccio. A lui erano destinati una dolce vita,
una dolcissima dormizione, un beato risveglio, un beatissimo soggiorno eterno
nel mio celeste Paradiso.
Ma Tu lo sai, in esso
Paradiso non può entrare ciò che è contaminato, perché in esso lo-Noi, uno e
trino Iddio, abbiamo trono. E davanti ad esso non può stare che santità. Io
sono Colui che sono. La mia divina Natura, la misteriosa nostra Essenza non può
essere nota che da coloro che sono senza macchia.
Ora l'uomo, in Adamo e per
Adamo, è sozzo. Vai. Mondalo. Lo voglio. Sarai Tu, d'ora in poi, l'Uomo. Il
Primogenito. Perché per primo entrerai qui con carne mortale priva di peccato,
con anima priva di colpa d'origine. Quelli che ti hanno preceduto sulla Terra e
quelli che ti seguiranno avranno vita per la tua morte di Redentore".
Non
poteva morire che uno che era nato. Io sono nato ed Io morrò.
L'uomo
è la creatura prediletta di Dio. Ora ditemi: se un padre ha molti figli, ma uno
è il suo prediletto, la pupilla del suo occhio, e questo viene ucciso, quel
padre non soffre più che se l'ucciso fosse un altro figlio?
Ciò
non dovrebbe essere, perché il padre dovrebbe essere giusto con tutti i suoi
figli. Ma avviene perché l'uomo è imperfetto. Dio lo può fare con giustizia
perché l'uomo è l'unica creatura, fra i creati, che abbia comune col Padre
Creatore l'anima spirituale, segno innegabile della paternità divina.
Uccidendo
un figlio al padre, si offende solo il figlio? No.
Anche
il padre. Nella carne il figlio, nel cuore il padre. Ma ad ambi è data ferita.
Uccidendo
un uomo, si offende solo l'uomo? No. Anche Dio.
Nella
carne l'uomo, nel suo diritto Dio. Perché la vita e la morte da Lui solo devono
essere date e tolte. Uccidere è fare violenza a Dio e all'uomo. Uccidere è
penetrare nel dominio di Dio. Uccidere è mancare al precetto d'amore. Non ama
Dio chi uccide, perché disperde un suo lavoro: un uomo.
Non
ama il prossimo chi uccide, perché leva al prossimo ciò che l'uccisore per sé
vuole: la vita.
Ed
ecco che ho risposto alle due prime domande.
Dove ho colpito?
Si
può colpire per via, nella casa dell'aggredito o attirando la vittima nella
propria. Si può colpire l'uno o l'altro organo dando sofferenza più grave, e
facendo anche due omicidi in uno se si è colpita la donna che ha il seno
gravido del suo frutto.
Si
può colpire per via senza averne intenzione. Un animale che ci prenda la mano
può uccidere il passante. Ma allora in noi non c'è premeditazione, mentre se
uno si reca, armato di pugnale sotto le ipocrite vesti di lino, nella casa del
nemico — e sovente è nemico chi ha il torto di essere migliore — oppure lo
invita nella sua casa con segni d'onore e poi lo sgozza e lo getta nella
cisterna, allora c'è premeditazione e la colpa è completa di malizia e ferocia
e violenza.
Se
uccido il frutto con la madre, ecco che di due Dio me ne chiederà ragione.
Perché il ventre che genera un nuovo uomo secondo il comando di Dio è sacro, e
sacra è la piccola vita che in esso matura, alla quale Dio ha dato un'anima.
Con quali mezzi ho
colpito?
Invano
uno dice: "Non volevo colpire" quando è andato armato di arma sicura. Nell'ira anche
le mani divengono arma, e arma la pietra raccolta per terra, o il ramo
strappato alla pianta. Ma chi freddamente osserva il pugnale o la scure e, se
gli paiono poco taglienti, li affila e poi se li assicura al corpo in modo che
non siano visti ma possano essere branditi con facilità e va dal rivale così
pronto, non può certo dire: "Non c'era
in me voglia di colpire".
Chi
prepara un veleno cogliendo erbe e frutti tossici e ne fa polvere o bevanda e
poi la offre alla vittima come spezie o come sicera, non può certo dire: "Io non volevo uccidere".
Ed
ora ascoltate, voi, donne, tacite ed
impunite assassine di tante vite. È uccidere anche staccare un frutto
che cresce nel seno perché è di colpevole seme o perché è un germe non voluto,
peso inutile ai vostri fianchi e alla vostra ricchezza. Vi è un solo modo di
non avere quel peso: rimanendo caste.
Non unite omicidio a
lussuria, violenza a disubbidienza, e non crediate che Dio non veda perché l'uomo
non vede. Dio tutto vede e tutto ricorda. Ricordatevelo voi pure.
Perché ho colpito?
Oh!
per quanti perché! Dall'improvviso squilibrio che crea in voi un'emozione
violenta, quale è quella di trovare il talamo profanato, o il ladro in casa, o
un lurido intento a far violenza alla propria figlia fanciulla, al freddo e
meditato calcolo di liberarsi da un testimonio pericoloso, da un che intralcia
la via, da uno di cui si aspira il posto o la borsa: questi sono tanti e
altrettanti perché. E se ancora Dio può perdonare a chi nella febbre del dolore
diviene assassino, non perdona a chi lo diviene per avidità di potere o di
stima fra gli uomini.
Agite
sempre bene e non temerete l'occhio di alcuno né la parola di alcuno. State
contenti del vostro e non aspirerete all'altrui fino a divenire assassini per
avere ciò che è del prossimo.
Come ho colpito?
Infierendo
anche oltre e dopo il primo scatto impulsivo? Talora l'uomo non si può frenare.
Perché Satana lo getta nel male come il frombolatore getta
Perché
l'ira cade e subentra ragione subito dopo il primo impeto, se è impeto che
viene da ancora giustificabile motivo. Mentre la ferocia aumenta, più la
vittima è colpita, nel vero assassino
ossia nel satana che non ha, non può avere pietà del fratello perché, essendo
satana, è odio.
Quando ho colpito?
Nel
primo impeto?
Dopo
che questo è caduto? Fingendo perdono mentre è sempre più lievitato il rancore?
Ho
atteso forse degli anni a colpire per dare doppio dolore uccidendo il padre
attraverso i figli?
Voi
vedete che ammazzando si offende il primo e il secondo gruppo di comandi.
Perché vi arrogate il diritto di Dio e perché conculcate il prossimo. Peccato
dunque contro Dio e contro il prossimo. Fate non solo un peccato di omicidio.
Ma fate peccato di ira, di violenza, di superbia, di disubbidienza, di
sacrilegio, e talora, se uccidete per rubare un posto o una borsa, di
cupidigia.
Né,
ve lo dico appena, ma ve lo spiegherò un altro giorno meglio, ne si pecca di
omicidio solo con l'arma e il veleno. Ma anche con
E
ancora vi dico: “il padrone che,
percuotendo uno schiavo, lo fa con l'astuzia che non gli muoia fra le mani, è
doppiamente colpevole. L'uomo schiavo non è denaro del padrone: è anima del suo
Dio. E maledetto in eterno sia colui che lo tratta peggio del bue.“.
Gesù sfavilla e tuona. Tutti
lo guardano stupiti, perché prima parlava pacato.
«Maledetto sia. La Legge
nuova abolisce questa durezza, che era ancora giustizia quando nel popolo
d'Israele non erano ipocriti che si fingono santi e aguzzano l'ingegno solo per
sfruttare e eludere la Legge di Dio. Ma ora in cui Israele trabocca di questi
viperini esseri, che il libido lo fanno lecito solo perché essi sono essi, i
miserabili potenti che Dio guarda con odio e schifo, Io dico: ciò non è più.
Cadono gli schiavi sui solchi
o alle macine. Cadono con le ossa frante e i nervi denudati dai flagelli. Li
accusano, per poterli colpire, di menzogneri delitti per giustificare il
proprio sadismo satanico. Persino il miracolo di Dio si usa come accusa per
avere diritto di colpirli. Né la potenza di Dio, né la santità dello schiavo
converte la loro anima bieca. Non può essere convertita. Il bene non entra dove
è saturazione di male. Ma Dio vede e dice: "Basta!".
Troppi sono i Caini che
uccidono gli Abeli. E che credete, immondi sepolcri dall'esterno imbiancato e
coperto dalle parole della Legge, e dall'interno in cui passeggia re Satana e
pullula il satanismo più astuto, che credete? Che sia stato Abele solo il
figlio d'Adamo e che il Signore guardi benigno solo coloro che schiavi d'uomo
non sono, mentre rigetti da Sé l'unica offerta che può fare lo schiavo: quella
della sua onestà condita di pianto? No, che in verità vi dico che ogni giusto è
un Abele, anche se carico di ceppi, anche se morente sulla gleba o sanguinante
per le vostre flagellazioni, e che sono Caino tutti gli ingiusti che danno a
Dio per orgoglio, non per culto vero, che danno ciò che è inquinato del loro
peccare e macchiato di sangue.
Profanatori
del miracolo. Profanatori dell'uomo, uccisori, sacrileghi!
Fuori!
Via dal mio cospetto!
Basta!
Io dico: basta. E dire lo posso perché sono