Gesù
non nega a nessuno il miracolo. Bello quello dell'ebete al quale infonde
intelletto con l'alito, tenendo poi il testone fra le sue lunghe mani.
Gesù
dice al cretino: «Io voglio in te la luce
dell'intelletto per fare via alla luce di Dio. Odi, di' con Me:
"Gesù". Dillo. Lo voglio».
L'ebete,
che prima mugolava come una bestia, null'altro che un mugolio, farfuglia a
fatica: «Gesù», anzi: «Gegiù».
«Ancora», ordina Gesù tenendo sempre fra
le mani la testa deforme e dominandolo col suo sguardo.
«Ges-sù».
«Ancora».
«Gesù!», dice finalmente il cretino. E l'occhio non
è più così vuoto d'espressione, la bocca ha un sorriso diverso.
«Uomo», dice Gesù al padre. «Hai avuto fede! Tuo figlio è guarito.
Interrogalo. Il nome di Gesù è miracolo contro i morbi e le passioni».
L'uomo
dice al figlio: «Chi sono io?».
E
il ragazzo: «II padre mio».
L'uomo
si stringe al cuore il figlio e spiega: «Mi è nato così. La sposa m'è morta nel
parto e lui era impedito nella mente e nella favella. Ora vedete. Ho avuto
fede, sì. Vengo da Joppe. Che devo fare per Te, Maestro?».
«Essere buono. E con tè il figlio tuo. Nulla
più».
«E amarti.
Oh! andiamo subito a dirlo alla madre di tua madre. È lei che mi ha persuaso a
questo. Che sia benedetta!».
I
due vanno felici. Della passata sventura non resta che la grossa testa del
ragazzo. L'espressione e la parola sono normali.
«Ma è
guarito per volontà tua o per potere del Nome tuo?»,
chiedono in molti.
«Per volontà del Padre, sempre benigno al
Figlio. Ma anche il mio Nome è salvezza. Voi lo sapete: Gesù vuoi dire
Salvatore. La salvezza è dell'anima e dei corpi. Chi dice il Nome di Gesù con
vera fede risorge dai morbi e dal peccato, perché in ogni malattia spirituale o
fisica è l'unghia di Satana, il quale crea le malattie fisiche per portare alla
ribellione e alla disperazione attraverso la sofferenza della carne, e quelle
morali o spirituali per portare alla dannazione».
«Allora secondo Te
in ogni afflizione del genere umano non è estraneo Balzebù.».
«Non è estraneo. Per lui malattia e morte
sono entrate nel mondo. E delitto e corruzione ugualmente per lui sono entrati
nel mondo. Quando vedete uno tormentato da qualche sventura, pensate pure che
egli soffre per Satana. Quando vedete che uno è causa di sventura, pensate
anche che egli è strumento di Satana».
«Ma le
malattie vengono da Dio».
<<Le malattie sono un disordine nell'ordine. Perché
Dio ha creato l'uomo sano e perfetto. Il disordine, portato da Satana
nell'ordine dato da Dio, ha portato seco le infermità della carne e le
conseguenze delle stesse, ossia la morte, oppure le ereditarietà funeste.
L'uomo ha ereditato da Adamo ed Èva la macchia di origine. Ma non quella sola.
E la macchia sempre più si estende abbracciando i tre rami dell'uomo: la carne
sempre più viziosa e perciò debole e malata, il morale sempre più superbo e
perciò corrotto, lo spirito sempre più incredulo ossia sempre idolatra. Perciò
occorre, come ho fatto Io con quel deficiente insegnare il Nome che fuga
Satana, scolpirlo nella mente e nel cuore, metterlo sull'io come un sigillo di
proprietà.».
Tornano Bartolomeo e Matteo con i battezzati. Gesù inizia a parlare.
<<La pace sia con voi tutti.
Da
Me venite anche per guarigione di corpi. La Legge dice: "Ama
il tuo prossimo come te stesso" (Levitico 19, 18).
Io penso e dico: come mostrerei di amare i fratelli se chiudessi il mio cuore
ai loro bisogni anche fisici? E concludo: darò loro ciò che mi fu dato.
Stendendo la mano ai ricchi chiederò per il pane dei poveri, levandomi il letto
accoglierò in esso lo stanco e il sofferente.
Siamo
tutti fratelli. E l'amore non si prova a parole, ma a fatti.
Colui
che chiude il cuore al suo simile ha cuor di Caino.
Colui
che non ha amore è un ribelle al comando di Dio. Siamo tutti fratelli. Eppure
Io vedo, e voi vedete, che anche nell'interno delle famiglie — là dove il
sangue uguale ribadisce, anche col sangue e la carne, la fratellanza che ci
viene da Adamo — vi sono odi e attriti.
I
fratelli sono contro i fratelli, i figli contro ai genitori, i consorti l'uno
all'altro nemici.
Ma
per non essere malvagi fratelli sempre, e adulteri sposi un giorno, bisogna
imparare sino dalla prima età il rispetto verso la famiglia, organismo che è il più piccolo ed il più grande del
mondo.
Il
più piccolo rispetto all'organismo di una città, di una regione, di una
nazione, di un continente. Ma il più grande perché il più antico; perché messo
da Dio quando ancora il concetto di patria, di paese non esisteva, ma già era
vivo e operante il nucleo famigliare, sorgente alla razza e alle razze, piccolo
regno in cui l'uomo è re, la donna regina, sudditi i figli.
Può
mai un regno durare se diviso e nemico fra i suoi singoli abitanti?
Non
può durare. E in verità non dura una famiglia se non c'è ubbidienza, rispetto,
economia, buona volontà, operosità, amore.
"Onora
il padre e la madre", dice il decalogo.
Come
si onorano? Perché si devono onorare?
Si
onorano con vera ubbidienza, con esatto amore, con confidente rispetto, con un
timore riverenziale che non preclude la confidenza ma nello stesso tempo non ci
fa trattare i maggiori come fossimo servi ed inferiori. Si devono onorare
perché, dopo Dio, i datori della vita e di tutte le necessità materiali della
vita, i primi maestri, i primi amici del giovane essere nato alla Terra, sono
il padre e la madre.
Si
dice: "Dio ti benedica", si
dice: "grazie" a quello che
ci raccoglie un oggetto caduto o ci da un tozzo di pane. Ed a questi che si
spezzano nel lavoro per sfamarci, per tesserci le vesti e tenerle monde, per
questi che si alzano per scrutare il nostro sonno, si negano riposo per
curarci, ci fanno letto del loro seno nelle nostre stanchezze più dolorose, non
diremo, con l'amore: "Dio ti
benedica", "grazie"?
Sono
i nostri maestri. Il maestro è temuto e rispettato. Ma esso ci prende quando
già sappiamo l'indispensabile per reggerci e nutrirci e dire le cose
essenziali, e ci lascia quando il più arduo insegnamento della vita, ossia
"il vivere", ci deve ancora
essere insegnato.
E
sono il padre e la madre che ci preparano alla scuola prima, alla vita poi.
Sono
i nostri amici.
Ma quale amico può essere più
amico di un padre?
E quale più amica di una
madre?
Potete
tremare di essi? Potete dire: "Sarò
tradito da lui, da lei"? Eppure ecco il giovane stolto e la ancora più
stolta fanciulla che si fanno amici degli estranei, e chiudono il cuore al
padre e alla madre, e si guastano mente e cuore con contatti che sono imprudenti
se pure non sono colpevoli, cagione di lacrime paterne e materne che rigano
come gocce di piombo fuso il cuore dei genitori.
Quelle
lacrime però, Io ve lo dico, non cadono nella polvere e nell'oblio. Dio le
raccoglie e le numera. Il martirio di un genitore calpestato avrà premio dal
Signore. Ma l'atto del figlio suppliziatore di un genitore neppure sarà
dimenticato, anche se il padre e la madre supplicano, nel loro dolente amore,
pietà di Dio per il figlio colpevole.
"Onora
il padre e la madre se vuoi vivere lungamente sulla Terra", è
detto.
"Ed
eternamente in Cielo", Io aggiungo.
Troppo
poco sarebbe il castigo di vivere poco qui per avere mancato ai genitori!
L'al
di là non è fola, e nell'al di là si avrà premio o castigo a seconda di come
vivemmo. Chi manca ad un genitore manca a Dio, perché Dio ha dato per il
genitore comando d'amore, e chi non ama pecca. Perde perciò così, più della
vita materiale, la vera vita di cui vi ho parlato, e va incontro ad una morte,
ha anzi già la morte avendo l'anima in disgrazia del suo Signore, ha già in sé
il delitto perché ferisce l'amore più santo dopo Dio, ha già in sé i germi dei
futuri adulteri perché da cattivo figlio viene perfido sposo, ha già in sé gli
stimoli del pervertimento sociale perché da un figlio cattivo sboccia il futuro
ladro, il truce e violento assassino, il freddo strozzino, il libertino
seduttore, il gaudente cinico, il ripugnante traditore della patria, degli
amici, dei figli, della sposa, di tutti.
E potete aver stima e fiducia
in colui che ha saputo tradire l'amore di una madre e deridere i capelli
bianchi di un padre?
Però,
udite ancora, però al dovere dei figli corrisponde un pari dovere dei genitori.
Maledizione
al figlio colpevole! Ma maledizione anche al colpevole genitore. Fate che i
figli non vi possano criticare e copiare nel male. Fatevi amare per un amore
dato con giustizia e misericordia. Dio
è Misericordia.
I
genitori, secondi a Dio solo, siano misericordia. Siate esempio e conforto dei
figli. Siate pace e guida. Siate il primo amore dei vostri figli.
Una
madre è sempre la prima immagine della sposa che noi vorremmo.
Un
padre per le figlio giovinette ha il volto che esse sognano per lo sposo.
Fate
che soprattutto i figli e le figlie scelgano con saggia mano i reciproci
consorti pensando alla madre, al padre, e volendo nel consorte ciò che è nel
padre, nella madre: una virtù verace.
Se
avessi a parlare finché è esaurito l'argomento, non basterebbe il giorno e
Ma
il seme nei buoni getterà radica e farà spiga.
Andate.
La pace sia con voi»..
Gesù
entra nella cucina per prendere il suo cibo. Ma ha appena cominciato a mangiare
che viene bussato alla porta. Si alza Andrea, più vicino ad essa, ed esce nella
corte. Parla e poi rientra:
«Maestro, una donna, quella che piangeva, ti
vuole. Dice che deve andare via e che deve parlarti».
«Ma a questo modo come e
quando mangia il Maestro?»,
esclama Pietro.
«Dovevi dirle di venire più
tardi», dice Filippo.
«Silenzio. Mangerò dopo. Andate avanti voi».
Gesù esce.
La
donna è lì fuori.
«Maestro...
una parola... Tu hai detto... Oh! vieni dietro la casa! È penoso dire il mio
dolore!».
Gesù l'accontenta senza parlare. Solo quando
è dietro alla casa chiede: «Che vuoi da
Me?».
«Maestro...
io ti ho sentito prima, quando parlavi fra noi...e poi ti ho sentito quando
predicavi. Sembra Tu abbia parlato per me. Tu hai detto che in ogni malattia
fisica o morale è Satana... Io ho un figlio malato nel cuore. Ti avesse udito
quando dicevi dei genitori! È il mio tormento. Si è sviato con cattivi compagni
ed è... è proprio come Tu dici... ladro... in casa per ora, ma... È rissoso...
prepotente... Giovane come è, si rovina con lussurie e crapule. Mio marito lo
vuole cacciare. Io... io sono la madre... e soffro a morirne. Vedi come ansa il
mio petto? È il cuore che mi si spezza per tanto dolore. È da ieri che voglio
parlarti perché... spero in Te, mio Dio. Ma non osavo dire niente. È così
doloroso per una mamma dire: "Ho un figlio crudele"!».
La
donna piange, curva e dolente, davanti a Gesù.
«Non piangere più. Egli guarirà dal suo male».
«Se potesse udirti, sì. Ma lui non
vuole udirti. Oh! non guarirà mai!».
«Ma hai fede tu per lui? Hai volontà tu per
lui?».
«E me lo chiedi? Vengo dall'Alta Perea
per pregarti per lui...».
«E allora va'. Quando giungerai alla casa tuo
figlio ti verrà incontro pentito».
«Ma come?».
«Come? E credi che Dio non
possa ciò che Io chiedo? Tuo figlio è là. Io sono qua. Ma Dio è dovunque. Io
dico a Dio: "Padre, per questa
madre pietà". E Dio tuonerà il suo richiamo nel cuore di tuo figlio.
Vai, donna. Un giorno passerò per le contrade del tuo paese e tu, orgogliosa
del tuo maschio, mi verrai incontro insieme a lui. E quando egli ti piangerà
sui ginocchi, chiedendoti perdono e narrandoti la sua misteriosa lotta da cui è
uscito con un'anima nuova, e ti chiederà come avvenne, tu digli: "È per Gesù che sei rinato al Bene".
Parlagli di Me. Se a Me sei venuta, è segno che sai. Fa' che egli sappia e mi
pensi per avere seco la forza che salva. Addio. La pace alla madre che ebbe
fede, al figlio che torna, al padre contento, alla famiglia ricomposta. Va!».
La
donna se ne va verso il paese e tutto ha fine.