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Discorso di apertura

(Inizia qui una serie di discorsi che illustrano il Decalogo, tramandato in: Esodo 19, 10-25; Esodo 20, 1-17; Deuteronomio 5, 1-22. Nello spirito del Decalogo sono il comando di amare Dio {Deuteronomio 6, 5) e quello di amare il prossimo (Levitico 19, 18).)

 

“Pace a voi che cercate la Parola”, incomincia Gesù.

 

‹‹L'uomo cade in un errore nel considerare la vita e la morte e nell'applicare questi due nomi. Chiama "vita" il tempo in cui, partorito dalla madre, inizia il respiro, il nutrimento, il moto, il pensiero, l'azione; e chiama "morte" il momento in cui cessa di respirare, mangiare, muoversi, pensare, operare, e diviene una spoglia fredda e insensibile, pronta a rientrare in un seno, quello di un sepolcro. Ma non è così. Io voglio farvi capire la "vita", indicarvi le opere atte alla vita.

 

Vita non è esistenza. Esistenza non è vita. Esiste anche questa vigna che si lega a queste colonne. Ma non ha la vita di cui Io parlo. Esiste anche quella pecora che bela legata a quell'albero lontano. Ma non ha la vita di cui Io parlo. La vita di cui Io parlo non comincia con l'esistenza e non ha termine col finire della carne. La vita di cui Io parlo ha inizio non in un seno materno. Ha inizio quando dal Pensiero di Dio viene creata un'anima per abitare una carne, ha termine quando il Peccato la uccide!

 

Prima l'uomo non è che un seme che cresce, seme di carne, invece che di glutine o di midollo come lo è quello delle biade o quello delle frutta. Prima non è che un animale che si forma, un embrione di animale non dissimile da quello che ora gonfia nel seno di quella pecora. Ma dal momento che in questo concepimento d'uomo si infonde questa parte incorporea, e che pure è la più potente nella sua incorporeità che sublima, ecco che allora l'embrione animale non solo esiste come cuore pulsante, ma "vive" secondo il Pensiero creatore, e diviene l'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, il figlio di Dio, il cittadino futuro dei Cieli.

Ma questo avviene se la vita dura. L'uomo può esistere avendo immagine d'uomo, ma già non essendo più uomo. Essendo cioè un sepolcro in cui putrefà la vita. Ecco perciò che Io dico:

la vita non comincia con l'esistenza e non ha termine col finire della carne”.

La vita ha inizio prima della nascita. La vita, poi, non ha più termine perché l'anima non muore, ossia non si annulla. Muore al suo destino, che è quello celeste, ma sopravvive nel suo castigo se così ha meritato.

A questo destino beato muore col morire alla Grazia. Questa vita, colpita da una cancrena che è la morte al suo destino, dura nei secoli nella dannazione e nel tormento. Questa vita, conservata invece tale, raggiunge la perfezione del vivere facendosi eterna, perfetta, beata come il suo Creatore.

Abbiamo dei doveri verso la vita? Sì.

Essa è un dono di Dio.

Ogni dono di Dio va usato e conservato con cura, perché è cosa santa quanto il Donatore. Malmenereste voi il dono di un re? No.

Passa agli eredi, e agli eredi degli eredi, come gloria della famiglia. E allora perché malmenare il dono di Dio?

 

Ma come lo si usa e conserva questo dono divino?

In che modo tenere in vita il paradisiaco fiore dell'anima per conservarlo ai Cieli?

Come ottenere di "vivere" al di sopra ed oltre l'esistenza?

 

Israele ha chiare leggi in proposito e non ha che osservarle.

Israele ha profeti e giusti che danno esempio e parola per praticare le leggi. Israele ha anche ora i suoi santi. Non può, non dovrebbe errare quindi Israele.

Invece Io vedo macchie nei cuori e spiriti morti pullulare da ogni dove. Onde vi dico: “fate penitenza; aprite l'animo alla Parola; mettete in pratica la Legge immutabile; rinsanguate l'esausta "vita" che langue in voi; se già l'avete morta, venite alla Vita vera, a Dio. Piangete sulle vostre colpe. Gridate: "Pietà!". Ma risorgete. Non siate dei morti viventi per non essere domani degli eterni penanti”. Io non vi parlerò d'altro che del modo di giungere o di conservare la vita.

Un altro vi ha detto: "Fate penitenza. Mondatevi dal fuoco impuro delle lussurie, dal fango delle colpe". Io vi dico: “poveri amici, studiamo insieme la Legge. Riudiamo in essa la voce paterna del Dio vero”. E poi insieme preghiamo, l'Eterno dicendo: “La tua misericordia scenda sui nostri cuori".

Ora è cupo inverno. Ma fra poco verrà primavera. Uno spirito morto è più triste di un bosco spogliato dal gelo. Ma se umiltà, volontà, penitenza e fede penetreranno in voi, come bosco a primavera la vita tornerà in voi, e voi fiorirete a Dio per portare poi domani, nel domani dei secoli e dei secoli, perenne frutto di vita vera.

Venite alla Vita! Cessate di esistere solamente e cominciate a “vivere". La morte allora non sarà "fine", ma principio sarà. I principio di un giorno senza tramonto, di un gioia senza stanchezza e misura.

La morte sarà il trionfo di ciò che visse prima della carne, e trionfo della carne che sarà chiamata, alla risurrezione eterna, a compartecipare a questa Vita, che Io prometto nel nome del Dio vero a tutti coloro che avranno "voluto” la "vita" per la loro anima calpestando il senso e le passioni per godere della libertà dei figli di Dio.

Andate. Ogni giorno a quest'ora Io vi parlerò dell'eterna verità.

Il Signore sia con voi».

 

Non tentare il Signore Iddio tuo

 

«Battista aveva la sua anima, perché era al settimo mese della sua formazione. E il germe dell'uomo, chiuso nel seno materno trabalzò di gioia nel sentire la voce della Sposa di Dio. Precursore anche in questo, egli precorse i redenti, perché da seno a seno si effuse la Grazia, e penetrò, e cadde la Colpa d origine dall’anima del fanciullo.

Onde Io dico che sulla Terra tre sono i possessori della Sapienza, così come in Cielo tre sono coloro che Sapienza sono:

il Verbo, la Madre, il Precursore sulla Terra- il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo in Cielo».

Dice uno dei discepoli del Battista: «II nostro animo è ricolmo di stupore.... Quasi come quando ci fu detto: "È nato il Messia...". Perché Tu eri l'abisso della misericordia e questo nostro Giovanni è l'abisso della umiltà». (I discepoli qui presenti sono alcuni dei pastori che ricevettero lannuncio degli Angeli a Betlemme, la notte della nascita di Gesù.)

«E mia Madre è l'abisso della purezza, della grazia della carità, dell'ubbidienza, dell'umiltà, di ogni altra virtù che è di Dio e che Dio infonde ai suoi santi».

«Maestro», dice Giacomo di Zebedeo. «Vi è molta gente».

«Andiamo. Venite voi pure».

La gente è moltissima.

«La pace sia con voi», dice Gesù. È sorridente come poche volte. La gente bisbiglia e lo accenna. Vi è molta curiosità.

 

«"Non tentare il Signore Iddio tuo", è detto. (Deuteronomio 6, 16).

Troppe volte si dimentica questo comando. Si tenta Dio quando si vuole imporre a Lui la nostra volontà. Si tenta Dio quando imprudentemente si agisce contro le regole della Legge che è santa e perfetta e nel suo lato spirituale, il principale, si occupa e preoccupa anche di quella carne che Dio ha creata.

Si tenta Dio quando, perdonati da Lui, si torna a peccare. Si tenta Dio quando, beneficati da Lui, si volge a danno il beneficio ricevuto perché fosse un bene per noi e ci richiamasse a Dio.

Dio non si irride e non si deride. Troppe volte questo avviene.

Ieri avete visto quale castigo attende i derisori di Dio.

 

(La morte di Doras. Un vecchio fariseo molto cattivo, che trattava i suoi servi-schiavi con efferata crudeltà. Gesù aveva cercato di convertirlo, ma lui, ostinatamente, aveva continuato a perseguitare, con maggior ferocia, i suoi servi e aveva rivolto a Gesù gravi minacce di morte).

 

L’eterno Iddio, tutto pietoso a chi si pente, è all'opposto tutto severità coll'impenitente che per nessuna cosa modifica se stesso.

Voi venite a Me por udire la parola di Dio. Vi venite per avere miracolo. Vi venite per avere perdono. E il Padre vi da parola, miracolo e perdono. Ed Io non rimpiango il Cielo, perché vi posso dare miracolo e perdono e posso farvi conoscere Iddio.

L’uomo è caduto ieri fulminato, come Nadab ed Abiu, dal fuoco del divino corruccio. Ma voi astenetevi dal giudicarlo. (Levitico 10, 1-2; Numeri 3, 4; 26, 61; 1 Cronache 24, 2.)

Solo quanto è avvenuto, miracolo nuovo, vi faccia meditare sul come occorre agire per avere amico Iddio. Egli voleva l'acqua penitenziale ma senza spirito soprannaturale. La voleva per spirito umano. Come una pratica magica che lo sanasse dal morbo e lo liberasse dalla iattura. Il corpo e il raccolto. Ecco i suoi fini. Non la povera anima sua. Quella non aveva valore per lui. Il valore per lui era la vita e il denaro.

Io dico: "II cuore è là dove è il tesoro, e il tesoro è là dove è il cuore. Perciò il tesoro è nel cuore".

Egli nel cuore aveva la sete di vivere e di avere molto denaro. Come averlo? Con qualunque modo. Anche col delitto. E allora chiedere il battesimo non era irridere e tentare Iddio?

Sarebbe bastato il pentimento sincero per la sua lunga vita di peccato a dargli santa morte e anche quanto era giusto avere sulla Terra. Ma egli era l'impenitente. Non avendo mai amato nessuno fuorché se stesso, giunse a non amare neppure se stesso. Perché l'odio uccide anche l'animale amore egoista dell'uomo a se stesso. Il pianto del pentimento sincero doveva essere la sua acqua lustrale. E così sia per tutti voi che udite. Perché senza peccato non vi è alcuno, e tutti perciò avete bisogno di quest'acqua. Essa scende, spremuta dal cuore, e lava, rinverginizza chi è profanato, rialza chi è prostrato, rinvigorisce chi è dissanguato dalla colpa.

Quell'uomo si preoccupava solo della miseria della Terra.

Ma un'unica miseria deve rendere pensoso l'uomo. Ed è l'eterna miseria del perdere Iddio. Quell'uomo non mancava di fare le offerte rituali. Ma non sapeva offrire a Dio sacrificio di spirito, ossia allontanarsi dal peccato, fare penitenza, chiedere con gli atti il perdono. Le ipocrite offerte fatte con ricchezze di male acquisto sono simili a inviti a Dio perché si faccia complice del male operare dell'uomo.

Può mai questo avvenire?

Non è irridere Dio osare questo? Dio rigetta da Sé colui che dice: "Ecco, sacrifico", ma arde di continuare il suo peccato. Giova forse il digiuno corporale quando l'anima non digiuna dal peccato?

La morte dell'uomo qui avvenuta vi faccia meditare sulle condizioni necessarie per essere bene amati da Dio. Ora nel suo ricco palazzo i parenti e le piangenti fanno cordoglio sulla salma che fra poco verrà portata al sepolcro. Oh! vero cordoglio e vera salma! Non più che una salma! Non altro che uno sconfortato cordoglio. Perché l'anima già morta sarà per sempre separata da coloro che amò per parentela e affinità d'idee.

Anche se un'uguale dimora li unirà in sempiterno, l'odio che là regna li farà divisi. E allora la morte è "vera" separazione.

Meglio sarebbe che, in luogo degli altri, fosse l'uomo che fa pianto su se stesso, quando ha l'anima uccisa. E per quel pianto di contrito ed umile cuore, rendere all'anima la vita col perdono di Dio.

Andate. Senza odio o commenti. Senza altro che umiltà. Come Io che, senza odio, ma per giustizia ho parlato di lui. La vita e la morte sono maestre per ben vivere e ben morire, e per conquistare la Vita senza morte. La pace sia con voi».

Non vi sono malati né miracoli, e Pietro dice ai tre discepoli del Battista: «Me ne spiace per voi».

«Oh! non occorre. Noi crediamo senza vedere. Abbiamo avuto il miracolo del suo natale a farci credenti. E ora abbiamo la sua parola a confermare la nostra fede. Non chiediamo che di servirla sino al Cielo come Giona, fratello nostro».