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II "vangelo secondo Matteo" è la prima delle raccolte evangeliche e pare anche la più utilizzata dagli autori cristiani del primo secolo. Con i vangeli di Marco e Luca, è uno dei tre vangeli sinottici.

CHI È MATTEO?

 

Nel suo racconto (Mt 9, 9; 10, 3) Matteo si presenta come un pubblicano (esattore delle imposte o gabellie) chiamato da Gesù fra i suoi apostoli.

Esercita il suo mestiere a Cafarnao, la "via del mare" di grande importanza per il transito tra l’Est e la costa del Mediterraneo.

Appena chiamato da Gesù, decide di fare una cena con Lui e gli amici: un gesto che fa pensare a quello profetico di Eliseo (1Re 19-21)  e a Zaccheo (Lc 19,1-10).

Il nome Matteo come Mattatia, significa "dono di Dio" ed è quindi l'equivalente di ‘Teodoro' o 'Adeodato'. Ma l'evangelista avrebbe anche un altro nome, presente in Lc 5, 27-32 e Mc 2, 14-17, dove il pubblicano viene chiamato Levi.

E l'identità dei due 'pubblicani' dello stesso episodio narrato è fuori discussione.

Non si conoscono con esattezza le regioni evangelizzate da Matteo dopo la sua partenza dalla Palestina.

Rufino, s. Eucherio e Socrate indicano l'Etiopia, s. Ambrogio e s. Paolino da Noia parlano della sua predicazione in Persia, altri indicano il Ponto, la Siria, la Macedonia, l’Irlanda.

Incertezza anche sulla sua morte: lo gnostico Eracleone parla di morte naturale, altri di martirio e diversi ne sono i racconti (passiones) apocrifi.

Incerto anche il tempo e luogo della morte, il momento dell'arrivo delle sue reliquie a Paestum. È certo che nel 954 Salerno custodiva il corpo di s. Matteo, anche se tenuto nascosto: ritrovato nel 1080, fu posto nel tempio costruito appositamente e consacrato da s. Gregorio VII, godendo sempre della venerazione della gente campana.

Il calendario liturgico celebra la sua feste il 21 settembre. Ma il Calendario marmoreo di Napoli (IX sec.) porta il suo nome al 6 maggio e al 6 novembre.

Simbolo del suo vangelo è l'uomo, secondo la spiegazione di s. Girolamo alla visione di Ez 1, 10: "La prima faccia d'uomo indica Matteo".

Mt” è l'abbreviazione usata per citare passi del vangelo di Matteo, seguita dall'indicazione del capitolo e dei versetti di riferimento.

Iconografia poi è tra le più estese nell'arte cristiana, particolarmente a motivo del triplice aspetto di apostolo, evangelista e patrono di corporazioni di mestiere.

L'abbondanza delle immagini rende quasi impossibile una sistemazione storica, È raffigurato abitualmente in età avanzata, con volto piuttosto severo e folta barba (anche se esistono poche immagini giovanili e col volto sereno), un libro e un angelo (per la simbologia desunta da Ez 1, 10 e Ap 4, 6), talvolta una borsa con denaro o un fanciullo in una culla ed una croce (per il suo racconto dell'infanzia e passione di Gesù).

Ricorrente è la scena della vocazione di Matteo e in parte del suo martirio. E tra i numerosi artisti è da ricordare  Caravaggio e le sue opere nella cappella Contarelli a S.Luigi dei Francesi a Roma.

PER CHI SCRIVE MATTEO?

 

Il primo evangelista scrive principalmente per i convertiti dal giudaismo e vuoi dimostrare a loro che Gesù è uno della loro razza, figlio di Abramo e di Davide, il nuovo Mosè di un nuovo popolo legato a Dio da una nuova alleanza, il Messia nel quale si compiono le Scritture, il Figlio di Dio risorto dai morti e costituito Signore.

Così i cristiani di origine ebraica, legati alla fede e all'ambiente d'Israele, possono leggere in particolare rilievo quegli aspetti della vita e dell'insegnamento di Gesù che maggiormente interessano la loro formazione religiosa.

Quanto alla composizione, tradizione e studi consolidati affermano che un primo nucleo del suo vangelo sia stato scritto in lingua aramaica e pubblicato forse tra il 40 e il 50 d.C. Papia, vescovo di Gerapoli in Asia minore verso il 110 o 120, riferito dallo storico cristiano Eusebio di Cesarea (263-339), afferma che Matteo "ordinò i detti (del Signore) in dialetto ebraico, e ognuno li interpretò come potè".

Anche s. Ireneo di Lione, della fine del II secolo, scrive che "Matteo tra gli ebrei nella loro propria lingua pubblicò un vangelo scritto" e Origene riferisce che il primo vangelo si rivolge "ai credenti venuti dal giudaismo"

Lo stesso stile letterario e la familiarità con l'ambiente e la cultura giudaica (si pensi alle frequenti citazioni della Bibbia!) confermano questo carattere ebraico del racconto.

Però a noi di questo vangelo è pervenuta soltanto una redazione greca, già conosciuta nel primo secolo.

Per questo si parla di un "Matteo aramaico" e di un "Matteo greco". La redazione definitiva, fatta in un ambiente cristiano a maggioranza ebraica e in una zona a nord della Palestina o in Siria, risale probabilmente agli anni 80-85, ad almeno dieci anni dalla distruzione di Gerusalemme e della conseguente dispersione dei cristiani.

E nella esposizione dei fatti della vita pubblica di Gesù il racconto di Matteo tiene presente una serie di fonti, soprattutto il vangelo di Marco.

COSA SCRIVE MATTEO?

 

Matteo da grande importanza all'insegnamento di Gesù e per un migliore apprendimento lo struttura in forma schematica: molti studiosi vedono il suo vangelo articolato sulla trama di cinque grandi discorsi, con un'apertura sull'infanzia di Gesù, seguita da fatti essenziali precedenti il suo ministero pubblico, e per conclusione l'evento pasquale. Per il resto, Matteo segue il racconto di Marco.

v    Apertura

v    Infanzia di Gesù                    1,1 - 2, 23

v    Inizi della vita pubblica        3,1-4, 11

v    Gesù in Galilea                     4, 12 - 25

v    Discorso sul monte               5, 1 - 7, 29

v    Miracoli di Gesù                    8, 1 - 9, 34

v    Discorso sulla missione       9, 35-11, 1

v    Discussioni su Gesù             11, 2 -12, 50

v    Discorso delle parabole       13, 1 -52

v    Rivelazioni di Gesù               13, 53 -17, 27

v    Discorso sul discepoli           18, 1 - 35

v    Dalla Galilea alla Giudea   19, 1 - 20, 34

v    Gesù a Gerusalemme           21, 1- 23, 39

v    Discorso sugli ultimi tempi 24, 1 - 25, 46

v    Passione e morte di Gesù    26, 1 - 27, 66

v    Risurrezione di Gesù            28, 1 - 20

Questa costruzione armoniosa di sette parti risale forse al vangelo aramaico, ma è comunque molto chiara nel Matteo greco.

L’insistenza è sul tema "regno dei cieli", preparato nella persona del Messia fanciullo (1-2), promulgato davanti a tutti nel discorso della montagna (3- 7), predicato da Gesù e dai missionari con 'segni' (8-10), in mezzo a numerosi ostacoli denunciati in parabole (11, 1- 13, 52) e affidato a una piccola comunità di discepoli con regole già delineate (13 ,53-18, 35); i discepoli sono poi testimoni della sua crisi dovuta alla crescente opposizione dei capi giudei (19-25), ma anche della sua venuta definitiva con la passione e risurrezione (26-28).

La venuta del regno dei cieli (o di Dio) significa ristabilire tra gli uomini la sovrana autorità di Dio, servito e amato, come annunciato dalle sacre Scritture.

E Matteo, presentando Gesù, tiene a sottolineare che egli è il compimento della storia e delle speranze di Israele: non soltanto realizzate, ma anche portate a perfezione. Anche l'umiltà della persona di Gesù e il suo apparente insuccesso sono nel disegno di Dio esposto nelle Scritture (ad esempio, la strage degli innocenti, la vita nascosta a Nazaret, la mansuetudine del "Servo", l'abbandono dei discepoli, il prezzo vile del tradimento, l'arresto, la sepoltura per tre giorni), come pure l'incredulità dei giudei e la quale ci si può rivolgere solo in parabole.

La consonanza con le Scritture è un tratto significativo di questo vangelo.

È quanto richiede anche l'ambiente nativo dei primi cristiani. Perciò il racconto di Matteo, molto ricco di contenuti e di efficacia pedagogica, si diffonde fin dall'inizio largamente nella vita della Chiesa, che si sente comunità testimone e missionaria per la salvezza di tutto il mondo.

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